Italo Calvino e Mario Salvadori due geni a confronto…..Marco Polo invita il Gran Khan a osservare meglio

L' Italia è instabile come affermano molti intellettuali.

Chissà cosa diranno di noi le future generazioni e soprattutto che cosa dicono i luminari del periodo storico in cui viviamo?

Sicuramente non si faranno scrupoli nell'individuare la società moderna priva di valori, soprattutto dove primeggia l'anarchia di competenze.

Mi è capitato spesso di incontrare lo sguardo attonito e impaurito di molte persone.

Non sanno più a quale partito appartengono se di destra di sinistra o di centro.

I loro occhi spenti disperati, ne hanno visti di tutti i colori di bianchi di neri di fuxsia.

L'unico sollievo è la consapevolezza della caducità dell'essere umano ricco di energia, ma che solo pochi riescono a canalizzare per il bene della collettività.

Viviamo in un'epoca della globalizzazione della supertecnologia ma non sappiamo più amare. Non ci accorgiamo delle nefaste posizioni della politica attaccata sempre più alla poltrona, che non riesce ad avere la lucidità per governare con saggezza. Di chi è la colpa di tale situazione nessuno lo sa. Tutti si lavano le mani come pilato e prendono accordi con le varie massonerie e vari lobbi di potere. Che cosa ci è rimasto ormai? ben poco, solo la voglia di sognare e di volare in alto.

Ritorniamo a commentare e risvegliare il nostro senso di curiosità e ci serviamo delle parole di Italo Calvino che con la sua semplicità ha saputo scrivere concetti riservati solo alla casta dei letterati illuminati.

La scorsa volta ci siamo soffermati sulla strana storia di Marco polo che giocava a scacchi con il re Gran Khan e l'esortazione di Marco Polo ad osservare meglio quello che gli sembrava il nulla.

. . . . Il Gran Khan cercava di immedesimarsi nel gioco: ma adesso era il perché del gioco a sfuggirgli. Il fine d'ogni partita è una vincita o una perdita: ma cosa? Qual era la vera posta? Allo scacco matto, sotto il piede del re sbalzato via dalla mano del vincitore, resta il nulla: un quadrato nero o bianco. A forza di scorporare le sue conquiste per ridurle all'essenza, Kublai era arrivato all'operazione estrema: la conquista definitiva, di cui i multiformi tesori dell'impero non erano che involucri illusori, si riduceva ad un tassello di legno piallato.

Allora Marco Polo parlò: - La tua scacchiera, sire, è un intarsio di due legni: ebano e acero. Il tassello sul quale si fissa il tuo sguardo illuminato fu tagliato in uno strano tronco che crebbe in un anno di siccità: vedi come si dispongono le fibre? Qui si scorge un nodo appena accennato: una gemma tentò di spuntare in un giorno di primavera precoce, ma la brina della notte l'obbligò a desistere. - Il Gran Khan non s'era fin'allora reso conto che lo straniero sapesse esprimersi fluentemente nella sua lingua, ma non era questo a stupirlo. -Ecco un poro più grosso: forse è stato il nido d'una larva; non d'un tarlo, perché appena nato avrebbe continuato a scavare, ma d'un bruco che rosicchiò le foglie e fu la causa per cui l'albero fu scelto per essere abbattuto. . . Questo margine fu inciso dall'ebanista con la sgorbia perché aderisse al quadrato vicino, più sporgente. . . . La quantità di cose che si potevano leggere in un pezzetto di legno liscio e vuoto sommergeva Kublai;

Come si può capire Marco Polo cercava di far capire al re che la realtà è fatta di tante sfumature e solo acuendo l'intelletto si riesce a capire le motivazioni di scelte alcune volte scellerate.

L'autore per descrivere il termine Esattezza analizza i poemi in prosa di Francis Ponge e di Mallarmè.

L'operazione di Ponge è sullo stesso piano di quella di Mallarmè in direzione divergente e complementare: in Mallarmè la parola raggiunge l'estremo dell'esattezza toccando l'estremo dell'astrazione e indicando il nulla come sostanza ultima del mondo; in Ponge il mondo ha la forma delle cose più umili e contingenti e asimmetriche e la parola è ciò che serve a render conto della varietà infinita di queste forme irregolari e minutamente complicate.

C'è chi crede che la parola sia il mezzo per raggiungere la sostanza del mondo, la sostanza ultima, unica, assoluta; più che rappresentare questa sostanza la parola s'identifica con essa (quindi è sbagliato dire che è un mezzo): c'è la parola che conosce solo se stessa, e nessun'altra conoscenza del mondo è possibile. C'è invece chi intende l'uso della parola come un incessante inseguire le cose, un'approssimazione non alla loro sostanza ma all'infinita loro varietà, uno sfiorare la loro multiforme inesauribile superficie. Come Hofmannsthal ha detto: <<La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie >>. E Wittgenstein andava ancora più in là di Hofmannstal, quando diceva: << Ciò che è nascosto, non ci interessa>>.

La prossima volta cercheremo di analizzare il punto di vista dell'autore sulla capacità dell'uomo di analizzare il nascosto, il mistero.

Il libro di Mario Salvadori.

Ricordo le prime volte che lo lessi rimasi sconvolto, non mi capacitavo come un individuo poteva scrivere con tanta semplicità concetti che ci volevano anni per spiegarli, ma la cosa che più mi ha colpito erano le riflessioni che l'autore ogni tanto si lasciava andare con anedoti del tutto banali ma che erano genialità di un grande uomo.

Ricordo a chi leggerà l'articolo che è solo un modo per far veicolare la cultura. Non c'e in me nessuna velleità, ma solo un modo per aiutare altri a scoprire questo libro. Purtroppo l'ho scoperto molto avanti nella mia formazione e spero che altri lo possano leggere all'inizio della loro formazione universitaria.

La struttura e l'uomo.

Dove si pone l'uomo comune? E' per lui che l'edificio viene costruito, ed egli è una delle migliaia di persone che userà l'edificio; dovrebbe essere la persona più importante, anche se viene raramente ascoltata e poco partecipa alle decisioni di gruppo.

Negli ultimi anni, per fortuna, l'interesse del pubblico per l'architettura è cresciuto in maniera consistente. Dagli psicologi abbiamo appreso che il nostro ambiente influisce in modo diretto sul nostro lavoro e sulla nostra vita, dai sociologi abbiamo saputo che la forma dei nostri edifici può scoraggiare o incoraggiare il crimine;

gli ambientalisti hanno dimostrato che costruire inquina; gli economisti hanno messo l'accento sul fatto che è la forma dell'edificio a determinare il consumo di energia; gli storici dell'architettura ci hanno detto che l'immagine delle nostre città è anche quella della nostra cultura.

L'uomo comune conosce non solo l'importanza della forma esterna e dell'estetica dell'architettura, ma sa distinguere un appartamento ben progettato da uno progettato male; vuol ridurre al minimo l'inquinamento e vuole risparmiare energia.

Si potrebbe dire che oggi l'uomo comune si interessa a tutti gli aspetti essenziali dell'architettura, alla crescita delle nostre città, dei nostri edifici, parchi, monumenti, e vi prende parte con crescente interesse. Ma, d'altro lato, sono pochi quelli che guardano alla struttura dell'architettura, o che si pongono la semplice domanda: " Perché questi edifici stanno in piedi?". Questo apparente disinteresse nasce da un malinteso: si crede che per comprendere la struttura sia necessario possedere un'educazione scientifica e nozioni tecniche che stanno al di fuori delle capacità d'un normale cittadino. Questo timore non è giustificato. Le strutture del passato, spesso di grandi dimensioni e assai coraggiose, furono costruite da artigiani, privi di qualsiasi conoscenza teorica, che intuivano alcuni principi strutturali, e quindi operavano; tutti noi, attraverso la nostra esperienza quotidiana, possediamo queste intuizioni.

 

08/03/2013

Fonte:

Cortese contributo dell'

Architetto Alessi Baldassare

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