Leggenda o Mito riflessione di Jan Starobinski

Fare parlare i grandi pensatori del passato è la stella polare per analizzare l'architettura e i suoi codici nascosti. Purtroppo oggi assistiamo ad un'anarchia totale delle scelte progettuali ,guidate solo da scelte senza logica .

Jan Starobinski indica la struttura barocca come luogo di dialogo. All'interno delle abitazioni vi era un giardino razionale e le facciate molto spesso erano ricoperte di rampicanti vegetali. Il regno dell'uomo e quello della natura restavano distinti,ma si scambiavano il loro aspetto compenetrandosi e arricchiti da prestigiosi effetti decorativi.

Nel "giardino all'inglese" vi era l'intento di celare l'intervento dell'uomo e voleva mettere in evidenza la maestosità della natura.

Al posto della compenetrazione barocca, scopriamo in quella inglese la volontà di scindere la natura con il costruito e vuole manifestare la nostalgia per la natura. Questo distacco contemplativo vuole essere una compensazione o espiazione verso quell'atteggiamento pratico di sfruttamento aggressivo della natura. Nasce così il contrasto tra natura e parco e le incombenze dell'architettura priva di rapporto con la natura viene riversata nella ricerca ossessiva di aree verdi dedicate a parchi urbani.

Questa riflessione del maestro ci fa ricordare che il principio principe dell'uomo è solo vivere in armonia con la natura. Questo delicato rapporto tra uomo- natura e costruito viene applicato quando l'uomo prima di pensare al profitto guarda al bene dell'intera collettività.

Vediamo come hanno analizzato " la città "uomini del mondo del cinema .Essi rappresentano uno spaccato di realismo e contemporaneità che ricordano elementi della memoria a noi cari. Inoltre sempre con sapienza cerchiamo di carpire i segreti e i simboli celati nei film .

I film sulla città, reale o immaginaria, costituiscono un altro "TOPOS" che esemplifica l'idea di interni o di spazi pieni. Già le prime sequenze cinematografiche, quelle dei fratelli Lumière,registrano immagini di vita quotidiana di una realtà cruda che inaugura il realismo cinematografico. La stessa Hollywood è una città-mitica che rappresenta scorci di città americana con colori e odori surreali. Gli anni trenta e soprattutto quaranta, si assiste a una città che diventa il palcoscenico vero e proprio di molte avventure cinematografiche. Il cinema europeo ,per contro,già negli anni venti aveva trovato nella città l'ideale ambientazione delle storie che si proponeva di raccontare. E' evidente che è sempre necessario uno scenario che faccia da sfondo all'avventura cinematografica ,sia essa una città o qualsiasi altro luogo: i personaggi e la storia non possono certo galleggiare nel vuoto,nemmeno nei film di fantascienza. Nel cinema americano degli anni Quaranta questo sfondo cittadino e urbano non è muto , non è una semplice scenografia o un punto d'appoggio; la "città moderna", raramente dipinta con i colori di un luogo ameno è uno sfondo attivo che si rivela a tratti pericoloso, a tratti alienante, nei film Noir dell'epoca. L'ambiente urbano, sempre riconoscibile, è anche uno spazio frammentato che unisce e disorienta, luogo noto e familiare, simbolo della confusione sofferta da chi lo abita e lo vive: tale situazione è semplificata da La città nuda (J.Dassin, 1948) e Giungla d'asfalto (J.Houston, 1950). Le immagini della città sono sempre sostanzialmente di due tipi: per un verso, il cinema registra e ripropone i luoghi noti e i monumenti distintivi che rendono uno spazio urbano riconoscibile; per l'altro, si sposta verso le periferie più lontane e desolate. La giustapposizione di questi due mondi diversi, definisce la città come luogo sociale ma anche come spazio circoscritto e ,quindi interno,che il cinema è disposto a mostrare nella sua totalità.

Domani continueremo la descrizione di spazi urbani definiti Apocalittici che dipingono la cruda realtà di una città martoriata dall'industrializzazione e dalla speculazione selvaggia senza scrupoli ne morale.

Continuiamo la descrizioni del libro di Italo Calvino, "Lezioni Americane", descrivendo il termine Rapidità come un valore da riscoprire e da applicare nella quotidianietà.

Il segreto della Rapidità sta nell'economia della descrizione degli eventi,però non voglio dire che sia un valor in se:il tempo narrativo può essere anche ritardato, o ciclico o immobile. In ogni caso il racconto è un'operazione sulla durata, un incantesimo che agisce sullo scorrere del tempo,contraendolo e dilatandolo. In Sicilia chi racconta le fiabe usa la formula: "lu cuntu nun metti tempu" cioè il racconto non mette tempo. Bisogna tendere all'economia espressiva e perizia nell'essenzialità. Il segreto del ritmo e la sua cattura di tempo può essere applicato se l'individuo che scrive è cosciente e ha vissuto in prima persona le vicende narrate. Galileo predilige la "velocità mentale" il ragionamento istantaneo ,senza passaggi ,è quello della mente di Dio, infinitamente superiore a quella umana. La velocità mentale non può esser misurata e non permette confronti o gare, nè può disporre i propri risultati in una prospettiva storica. La velocità mentale vale per se, per il piacere che provoca in chi è sensibile a questo piacere, non per l'utilità pratica che si possa ricavarne. Un ragionamento veloce non è necessariamente migliore d'un ragionamento ponderato, tutt'altro; ma comunica qualcosa di speciale che sta proprio nella sua sveltezza.

 

06/02/2013

 

Fonte:

Cortese contributo dell'

Architetto Alessi Baldassare

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