Riscaldamento con pellet. Alcuni dubbi su impatto qualità aria e dipendenza forniture estere

Da alcuni anni a questa parte, gli elevati prezzi del gasolio per il riscaldamento domestico stanno spingendo i consumi di un particolare tipo di bioenergia, il pellet.

Si tratta di piccoli cilindri di origine legnosa, da utilizzare direttamente per la combustione in apposite stufe o caldaie, che si trovano in vendita sotto forma di voluminosi sacchi, ormai anche nella grande distribuzione organizzata, perlomeno nel Nord Italia, dove la domanda è maggiore.

Nella Penisola il fabbisogno di questa risorsa a uso domestico era di circa 1.900.000 tonnellate al 2011, ma già al 2015 dovremmo superare quota 3 milioni di tonnellate, per poi arrivare a 4,2 milioni nel 2020. Ingente è anche la quantità di apparecchi impiegati: nel 2011 il numero complessivo di stufe a pellet installate era di poco superiore a 1.561.000 unità (di gran lunga record europeo), mentre le caldaie erano circa 20.000.

Data l’attesa crescita dei prossimi anni, l’Italia si trova a far fronte – un po’ come tutta l’Europa – alla crescente dipendenza dalle importazioni: sui circa due milioni di tonnellate di consumi nazionali, solo 500.000 sono di produzione nazionale. Il resto viene importato, tra l’altro in misura sempre più crescente dal lontano Nord America, sollevando crescenti interrogativi: è possibile pensare che il pellet dia un contributo positivo all’ambiente se deve viaggiare per migliaia di chilometri per arrivare alle nostre case (con relativa produzione di CO2)?

Per risolvere l’eccessiva dipendenza dalle importazioni si sta cercando di puntare sull’agripellet, cioè cilindretti ricavati dal recupero delle biomasse nostrane, ma nell’immediato il problema dell’import eccessivo sembra destinato ad aggravarsi. Dall’Arpav Veneto, recentemente, è arrivata un’altra accusa: ossia che l’utilizzo di questa risorsa per il riscaldamento domestico favorisca la produzione dell’inquinante benzo(a)pirene.

Dai dati calcolati tra gennaio e il 30 settembre 2013, è emerso che il valore obiettivo annuale di 1 nanogrammo al metro cubo sia già stato superato nelle stazioni di rilevamento di cinque comuni della regione. Un fenomeno che, secondo l’assessore veneto all’Ambiente Maurizio Conte, è direttamente riconducibile all’aumento dell’utilizzo di pellet, definito come un vero e proprio “inquinante della crisi”.

01/03/2014

Fonte:

http://www.tekneco.it

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