Prospettive sviluppo utilizzo shale gas in Europa

L’Europa prosegue nell’apertura allo shale gas. «Lo shale gas paragonato al gas di cui disponiamo è sicuramente peggiore a livello di clima, ma è leggermente migliore rispetto al gas che importiamo e quindi come tecnologia ponte può essere accettata, purchè vengano rispettati i necessari standard ambientali», così si espressa Connie Hedegaard, commissaria europea incaricata dell’Azione per il clima nel corso di una conferenza stampa presso la rappresentanza romana della Commissione Ue.

«C’è chi si chiede perchè noi ci impegniamo tanto per l‘efficienza e le rinnovabili quando invece potremmo fare come gli Stati uniti e sfruttare lo shale gas – ha affermato Hedegaard – l’Europa non sono gli Usa: molte delle riserve di gas da scisto sono in zone densamente popolate, non abbiamo molti equivalenti del North Dakota in Europa, dove si possa perforare senza disturbare nessuno, non è così semplice da noi. Questo è uno dei motivi per cui si deve fare una valutazione piú precisa». Sempre secondo la commissaria, la tecnologie del fracking per l’estrazione del gas e petrolio di scisto non è particolarmente promettente, ma ritiene che possa essere utile come “ponte” e che possa andare bene perchè «non possiamo permetterci di dire di no a qualsiasi tecnologia, ma dobbiamo sicuramente avere una chiara visione delle proporzioni».

E per affermare ciò la Hedegaard ha portato l’esempio di alcune compagnie Usa «che sono andate in Polonia per fare fracking, ma poi se ne sono andate perchè pensavano non ci fossero le condizioni adeguate per fare business». Cosa abbastanza ovvia specialmente per ciò che riguarda il rischio correlato al prezzo del gas, poichè le importazioni europee sono praticamente in mano a Gazprom che potrebbe tranquillamente operare in regime di dumping, pur di mettere fuori gioco qualsiasi alternativa.

Mentre sul fronte delle questioni ambientali per la commissaria europea i dubbi si incentrano sulle risorse idriche che potrebbero portare zone come quella Mediterranea, dove sono già in atto fenomeni di desertificazione, a delle vere e proprie crisi idriche dovute allo sfruttamento eccessivo delle acque. «Questa tecnologia è water intensive, richiede un grande utilizzo dell’acque e per queste ragioni dovremmo riflettere sui problemi che tale tecnologia può portare, per cui dobbiamo andarci cauti, anche a livello di risorse idriche, dove si volesse realizzare del fracking. Negli Usa, infatti, ci sono aree dove la faglia idrica è compromessa e si deve comprare l’acqua da bere».

La posizione dell’Unione europea, quindi, non cambia: apertura con qualche cautela ambientale. Ma soprattutto non ci sono gradi unità d’intenti all’interno della Commissione stessa visto che i toni dei vari commissari sono spesso diversi. Unico denominatore comune non prendere decisioni, demandando il tutto agli stati che in base alle proprie “esigenze” potranno regolare, autorizzando o meno il fracking, anche in base ai propri “appetiti” energetici e alla forza dell’opinione pubblica. Insomma un “laissez faire” che abbiamo già visto nel capitolo sull’efficienza energetica presente nel nuovo Libro bianco sull’Energia.

27/02/2014

Fonte:

http://www.tekneco.it

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