Consiglio Nazionale degli Architetti: modello proposto per la riqualificazione edilizia ed urbanistica

Che l’Italia sia un paese fragile, dal punto di vista idrogeologico è sicuro, come è altrettanto certo il fatto che lo sviluppo edilizio incontrollato dal dopoguerra a oggi abbia incrementato questa fragilità. Non stupisce, quindi, che alcuni settori dell’edilizia stiano spingendo anche su questo fronte, come ha fatto Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori nel corso della presentazione del primo rapporto Ance – Cresme ”Rischio sismico e rischio idrogeologico: la sfida italiana”.

“Identificare e perimetrare, con la  collaborazione di alcuni Comuni, e ci sono già i possibili candidati, aree a grave rischio idrogeologico o sismico, nelle quali la situazione di degrado del patrimonio edilizio si accompagni a quella sociale; disegnare, su queste ”Zone-Zero”, un masterplan che abbia il compito di definirne esclusivamente le volumetrie ed i profili, indipendentemente dalla pianificazione già approvata, lasciando che le uniche regole siano: il consumo del suolo a zero, la sicurezza sismica, la passivazione degli edifici, il ciclo dei rifiuti risolto alla fonte, una mobilità alternativa, il risparmio idrico, il rispetto dei vincoli monumentali”. Questa la proposta di Freyrie che nasce dal bisogno urgente di interventi capillari, e non più procrastinabili, di rigenerazione e di prevenzione del dissesto idrogeologico, per evitare ulteriori vittime e danni, che, spesso, abbiamo in Italia.

Per il presidente Consiglio Nazionale degli Architetti è necessario avviare sperimentazioni che non abbiano bisogno di nuove normative, evitando l’attesa di una Legge nazionale sull’assetto del territorio e di un Testo Unico per l’edilizia per i quali ci vorrebbero anni e che bloccherebbero qualsiasi iniziativa specialmente in un periodo nel quale gli investimenti pubblici non possono che essere di modesta entità”.

”In questo modo – ha concluso Freyrie – sarebbe possibile autorizzare rapidamente interventi ed investimenti privati finalizzati, con la regia dei Comuni, a rigenerare le Zone, accedendo ad uno strumento finanziario, costituito con la Cassa Depositi e Prestiti. Strumento che, mettendo a reddito i risparmi energetici e gli aumenti di volumetria, sia in grado di finanziare gli interventi del grande player immobiliare, così come del singolo cittadino. Gli oneri dovuti ai Comuni sarebbero destinati, in via esclusiva e fuori dal Patto di Stabilità, a risolvere le cause del dissesto idrogeologico e a ridisegnare gli spazi pubblici. Con strumenti come questi la KfW (la Cassa Depositi tedesca) ha messo in campo investimenti di rigenerazione urbana per 60 miliardi di euro, ricavandone anche un utile economico”.

Unico neo dell’analisi di Freyrie è rappresentato dalla realtà edilizia nostrana che a fronte della riqualificazione di aree degradate ha sempre richiesto un aumento delle volumetrie in senso “orizzontale” consumando ulteriore suolo, come dimostrano i vari Piani Casa regionali adottati negli ultimi tempi. Uno sviluppo “verticale” necessario per aumenti di volumetria a consumo di suolo zero, se associato all’efficienza energetica e alla resistenza sismica ridurrebbe la marginalità di molti costruttori che potrebbero recuperare sui costi, con indubbie problematiche tecniche sul costruito. Tecniche e tecnologie per realizzazioni verticali più che sicure ed efficienti sono di sicuro disponibili, ma qualche dubbio sullo scenario delle costruzioni c’è.

20/10/2013

Fonte:

http://www.tekneco.it