Picasso e Vasari mito e mistero attorno a queste due figure

A noi non ci resta che sognare un Paese rigoglioso dove l'uomo è al centro dell'universo.

Il sabato come promesso parliamo di Picasso e Vasari.

Il lettore deve avere pazienza (come ho scritto negli altri articoli il libro del Vasari è una rivisitazione di frammenti che sono stati scritti in latino e tradotti in lingua italiana, non è facile capire i concetti), obiettivo è quello di capire la fenomenologia estrapolando gli elementi cardini. .

Molti frammenti sono troppo prolissi ma è il solo modo per individuare arcani segreti celati all'interno del trattato del Vasari.

Pablo Picasso

Picasso è intransigente nel perseguire quella strada. . . .

Tra le amicizie nate a partire dalla mostra di giugno da Vollard, oltre Coquiot, si annovera quella profonda e profiqua con il poeta, pittore critico d'arte Max Jacob, che si unisce al gruppo di artisti spagnoli giunti a Parigi con Picasso, con la mediazione consueta di Manac, unico del gruppo a parlare un francese decente. Frutto di questo incontro è un dipinto di Picasso che ritrae Max Jacob seduto a terra, tra i suoi libri, accanto al fuoco. In seguito l'artista dipinse sopra questo ritratto un altro capolavoro, una Maternità, forse tra le più belle di quel periodo, oggi per fortuna salvata.

Il nuovo luogo di ritrovo per Picasso e amici è il locale Zut!, in place Jean-Baptiste Clèment. Le pareti di una stanza, in cui soliti ritrovarsi, vengono affrescate con una grande decorazione: Picasso disegna, in un'unica linea continua, delle donne nude accanto ad una figura di eremita e al ritratto di mezzo busto di Jaime Sabartès, mentre Raimon Pichot disegna la Torre Eiffel e il dirigibile di Santos-Dumont. Più tardi i suoi amici che l'atteggiamento di Picasso fosse di Totale immersione nella concentrazione, come se iniettasse " il suo stesso sangue" sulla tela.

E' talmenta assorto nei suoi pensieri e così profondamente immerso nel silenzio, che chiunque lo veda, da vicino o da lontano, comprende e tace".

Prima di partire per Barcellona sul principio del 1902, Picasso esegue uno strano e drammatico Autoritratto, in cui si rappresenta, fermo nella campitura larga e netta dei colori, tendenti ad un blu sempre più scuro, emaciato e scavato sul volto, con la barba e avvolto fino al collo da un misero cappotto in un'espressione di evidente abbandono. Gli stenti parigini si fanno via via più forti, intensificati da attriti con Manac, con cui divide l'appartamento. Con il suo primo e importante protettore e acquirente Picasso rompe definitivamente, lasciando l'angusto appartamento e Parigi per Barcellona.

A Barcellona stringe amicizia con il pittore Sebastià Junyer; con lui tornerà a Parigi, dopo nove mesi trascorsi in Spagna. In questo tempo di effettivo riposo non smette mai di dipingere, anzi continua a realizzare quadri dove l'aspetto cromatico prevalente è ancora l'azzurro e l'atmosfera profondamente patetica. Uno dei paesaggi dipinti al ritorno in Spagna è la casa blu, dove cielo, tetti e strada si confondono nell'azzurro. C'è una certa continuità con la produzione parigina, evidente soprattutto nella rappresentazione delle figure femminili, di cui la sua opera trabocca: dalla Maternità a La donna seduta, fino alla Madre con il bambino in riva al mare, il personaggio o il gruppo di personaggi principali è un blocco compatto, unico e quasi indipendente dall'ambiente e dal colore circostante. Prostitute, madri addolorate e donne tristi e solitaroie sono tutte immerse in una penombra di intenso azzurro. . . . . . continua la prossima volta.

Giorgio Vasari

Proemio delle vite.

Della stessa maniera greca furono e nei medesimi tempi le sette badie che il conte Ugo marchese di Brandiburgo fece erigere in Toscana, come si può vedere nella Badia di Firenze, in quella di Settimo, e nell'altare(Ugo di Toscana fondò la Badia di Firenze nel 978; quella di Settimo fu fondata nel 998 e dotata dal conte Lotario nel 1004.

Le altre badie toscane non risultano per documenti fondate da Ugo). Le quali tutte le fabbriche e le vestigia di quelle che non sono in piedi, rendono testimonianza che l'architettura si teneva alquanto in piedi, ma imbastardita fortemente e molto diversa dalla buona maniera antica. Molti palazzi sono stati fatti in Fiorenzedopo la rovina di Fiesole(la conquista di Fiesole è del 1125, molto più tarda dell'epoca di cui il Vasari tratta).

Gli edifici sono di stile barbaro con le misure delle porte e finestre lunghe e gli archi di quarti acuti, secondo l'uso degli architetti stranieri di quel tempo.

L'anno 1013 si vede l'arte aver ripreso alquanto vigore nel riedificare la bellissima chiesa di S. Miniato al tempo di messer Alibrando cittadino e vescovo di Firenze(la chiesa di San Miniato al Monte fu fondata in epoca Carolingia e rinnovata nel 1014-1018 da Vescovo Ildebrando.

La parte decorativa e i mosaici sono posteriori: quello absidale è del 1297).

In Toscana il disegno comincio a crescere e acquistare prestigio.

Come si descrive nell'anno 1016 fu dato di erigere il Duomo Pisano fu iniziato dopo il 1063: la consacrazione è del 1118. Il tempio era quasi compiuto nel 1152, ma i lavori si protrassero fino al trecento. La chiesa era a cinque navate e tutta in marmo dentro e fuori.

Questo tempio, il quale fu fatto con ordine e disegno di Buschetto, greco da Dulicchio(Buschetto, figlio del giudice Giovanni, di origine greca, è documentato ancora attivo nell'opera del Duomo nel 1105).

Buschetto onorò il sepolcro con tre epitaffi, dei quali uno in versi latini:

Quod vix mille boum possent iuga iuncta movere, Et quod vix potuit per mare ferre ratis, Buschetti nisu, quod erat mirabile visu, Dena puellarum turba levatis onus.

Tradotto: Quel peso che a stento mille paia di buoi avrebbero potuto muovere e una nave per mare per opera di Buschetto, meraviglioso a dirsi, lo solleva una schiera di dieci fanciulle.

La chiesa di S. Apostolo di firenze, in uno dei lati dell'altare maggiore si leggono queste parole: VIII . V DIE VI APRILIS in resurrection DOMIN KAROLUS Francorum Rex a Roma revertes, ingressus Florentiam cum magno gaudio et tripudio succeptus, civium copiam torqueis qureis decoravit. ECCLESIA Sanctorum Apostolorum in altari inclusa est lamina plumbea, in qua descripta apparet praefata fundation et consecration facta per ARCHIEPISCOPUM TURPINUM testibus ROLANDO et ULIVERIO. (L'iscrizione non è riportata nella sua interezza. Dopo la parola decorativ manca et in Pentecostem fundavit ecclesiam (non ecclesia). Cioè: l'anno 805, il 6 aprile giorno della resurrezione del Signore, Carlo re dei Franchi, ritornando da Roma, entrato a Firenze e accolto con grande gioia e festa, decorò molti cittadini di monili d'oro e a Pentecoste fondò la chiesa dei Santi Apostoli, nell'altare è chiusa una lamina di piombo, in cui appare descritta la predetta fondazione e consacrazione fatta dall'arcivescovo Turpino essendo testimoni Orlando e Uliviero. L'iscrizione è un falso del XV secolo). . . . . . . continua la prossima volta.

Come si può capire questo periodo storico descritto dal Vasari è ricco di contraddizioni ma lo analizza perchè le opere descritte sono significative e ricche di simboli esoterici.

 

 

13/04/2013

Fonte:

Cortese contributo dell'

Architetto Alessi Baldassare